Docente
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GIOSI MARCO
(programma)
Il presente programma di studio procede e si articola a partire dal riconoscimento del fatto che la dimensione educativa rechi in sé una esigenza volta a favorire, promuovere e attivare processi di integrazione della persona all’interno dei contesti familiari, scolastici, sociali, culturali, storico-politici di riferimento. Una integrazione che si accompagni, peraltro, alla considerazione della crucialità relativa alle dinamiche psico-affettive che caratterizzano il processo di sviluppo identitario, di alfabetizzazione emotiva, di costruzione di legami affettivi e interpersonali, come pure di incontro e dialogo all’interno dello spazio sociale e comunicativo condiviso. Integrazione, dunque, che, tuttavia, non deve esaurirsi entro dinamiche di assimilazione passiva, di conformazione omologante, di spossessamento e perdita di sé. Centrale, entro tale quadro, la nozione di "cura" (vedi il testo di Giosi), quale categoria/strategia pedagogico-educativa volta a promuovere processi e percorsi di autoanalisi, coscientizzazione, costruzione di relazioni significative per la persona. Cruciali, entro tale nozione di cura, quelle "radici" costituite dalla "vulnerabilità", dal "dolore", dall' "empatia" con particolare riferimento alla condizione degli adolescenti e delle famiglie. Entro una prospettiva pedagogica di cura, infatti, appare evidente come il ridefinirsi, oggi (e già da diversi anni), dello spazio della famiglia, dei relativi ruoli, materno e paterno, delle rappresentazioni sociali di tale ambito, abbia generato una nuova e complessa fenomenologia di problematiche che attengono alla relazione educativa genitori-figli. I cosiddetti “nuovi genitori” vivono al giorno d’oggi una situazione di spaesamento relazionale. Nel momento in cui, un uomo e una donna, accedono allo stato di paternità/maternità, si ha il costituirsi di una zona d’ombra, all’interno della quale i coniugi si trovano coinvolti in un processo di profonda trasformazione degli schemi comunicativi. Il dato antropologico su cui si fonda l’educare è sotto gli occhi di tutti: la persona umana non è, ma diventa. Per diventare se stessa, la persona ha bisogno di chi l’accompagni in questo percorso, perché non “si diventa” da soli. Il primo “altro” che il neonato incontra in questo suo diventare sono i genitori. Nel corso della storia umana i genitori hanno sempre trasmesso alle generazioni più giovani il loro patrimonio culturale, economico, relazionale; le generazioni più anziane hanno, seppur in modi spesso radicalmente diversi tra loro, espresso una qualche forma di cura nei confronti delle nuove generazioni. Talvolta, e sicuramente sempre più negli ultimi decenni, tale cura è stata intenzionale, ossia i genitori hanno espresso una volontà esplicita di educare i loro figli orientandoli verso i beni, i valori, gli orientamenti propri della loro epoca. Quando il genitore si prende cura del processo di crescita di un figlio in modo consapevole e intenzionale, andando oltre la prassi dell’allevare, che ogni specie animale mette in atto nei confronti dei propri cuccioli, possiamo ritenere che si stia realizzando un atto propriamente educativo. L’educazione è quindi una funzione insita nel familiare, nel processo della trasmissione intergenerazionale. Lavorando su tali questioni, ci imbattiamo subito in una sorta di paradosso: se, da una parte, il compito educativo della famiglia è ritenuto sempre più irrinunciabile, dall’altra si mette sempre più in evidenza l’inadeguatezza della famiglia attuale nell’esercitare questa funzione in maniera efficace. Al contempo, la stessa condizione dell'adolescente appare, sempre più, esposta a molteplici criticità: forme di dipendenza tossicologica e tecnologica; depressioni giovanili; disturbi dell'alimentazione; ripiegamento sociale; difficoltà che si legano alla "fatica di essere sé stessi". Le problematiche adolescenziali, entro tale prospettiva, si intrecciano con quelle proprie di una genitorialità socialmente indebolita, richiedendo lo sviluppo e l’implementazione di competenze pedagogico-cliniche
(testi)
Testi d’esame e Programma 1)M. Giosi, Le radici pedagogiche della cura. Empatia, Vulnerabilità, Dolore, Roma, Anicia, 2022 2)M.Lancini-L. Cirillo- T. Scodeggio-T. Zanella; L’adolescente. Psicopatologia e psicoterapia evolutiva, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020 3)M. Andolfi, La terapia familiare multigenerazionale. Strumenti e risorse del terapeuta, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015.
Laboratorio 4)Un film a scelta, tra i seguenti, sul quale scrivere un elaborato di circa due pagine, almeno. Il posto delle fragole di Ingmar Bergman Noi siamo infinito di Stephen Chbosky Favolacce di D e F. D’ Innocenzo Christiane F. Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Uli Edel Ragazze interrotte di Jane Mangold Truman Show di Peter Weir L'attimo fuggente di Peter Weir Farenheit 451 di François Truffaut American beauty di Sam Mendes Sweet Sixteen di Ken Loach Quadrophenia di Franc Roddam Ladri di biciclette di Vittorio De Sica Farenheit 451 di François Truffaut Un angelo alla mia tavola di Jane Campion Gente comune di Robert Redford
PROGRAMMA DEL CORSO Pedagogia della cura e della vulnerabilità: contesti familiari e problematiche adolescenziali
Il presente programma di studio procede e si articola a partire dal riconoscimento del fatto che la dimensione educativa rechi in sé una esigenza volta a favorire, promuovere e attivare processi di integrazione della persona all’interno dei contesti familiari, scolastici, sociali, culturali, storico-politici di riferimento. Una integrazione che si accompagni, peraltro, alla considerazione della crucialità relativa alle dinamiche psico-affettive che caratterizzano il processo di sviluppo identitario, di alfabetizzazione emotiva, di costruzione di legami affettivi e interpersonali, come pure di incontro e dialogo all’interno dello spazio sociale e comunicativo condiviso. Integrazione, dunque, che, tuttavia, non deve esaurirsi entro dinamiche di assimilazione passiva, di conformazione omologante, di spossessamento e perdita di sé. Centrale, entro tale quadro, la nozione di "cura" (vedi il testo di Giosi), quale categoria/strategia pedagogico-educativa volta a promuovere processi e percorsi di autoanalisi, coscientizzazione, costruzione di relazioni significative per la persona. Cruciali, entro tale nozione di cura, quelle "radici" costituite dalla "vulnerabilità", dal "dolore", dall' "empatia" con particolare riferimento alla condizione degli adolescenti e delle famiglie. Entro una prospettiva pedagogica di cura, infatti, appare evidente come il ridefinirsi, oggi (e già da diversi anni), dello spazio della famiglia, dei relativi ruoli, materno e paterno, delle rappresentazioni sociali di tale ambito, abbia generato una nuova e complessa fenomenologia di problematiche che attengono alla relazione educativa genitori-figli. I cosiddetti “nuovi genitori” vivono al giorno d’oggi una situazione di spaesamento relazionale. Nel momento in cui, un uomo e una donna, accedono allo stato di paternità/maternità, si ha il costituirsi di una zona d’ombra, all’interno della quale i coniugi si trovano coinvolti in un processo di profonda trasformazione degli schemi comunicativi. Il dato antropologico su cui si fonda l’educare è sotto gli occhi di tutti: la persona umana non è, ma diventa. Per diventare se stessa, la persona ha bisogno di chi l’accompagni in questo percorso, perché non “si diventa” da soli. Il primo “altro” che il neonato incontra in questo suo diventare sono i genitori. Nel corso della storia umana i genitori hanno sempre trasmesso alle generazioni più giovani il loro patrimonio culturale, economico, relazionale; le generazioni più anziane hanno, seppur in modi spesso radicalmente diversi tra loro, espresso una qualche forma di cura nei confronti delle nuove generazioni. Talvolta, e sicuramente sempre più negli ultimi decenni, tale cura è stata intenzionale, ossia i genitori hanno espresso una volontà esplicita di educare i loro figli orientandoli verso i beni, i valori, gli orientamenti propri della loro epoca. Quando il genitore si prende cura del processo di crescita di un figlio in modo consapevole e intenzionale, andando oltre la prassi dell’allevare, che ogni specie animale mette in atto nei confronti dei propri cuccioli, possiamo ritenere che si stia realizzando un atto propriamente educativo. L’educazione è quindi una funzione insita nel familiare, nel processo della trasmissione intergenerazionale. Lavorando su tali questioni, ci imbattiamo subito in una sorta di paradosso: se, da una parte, il compito educativo della famiglia è ritenuto sempre più irrinunciabile, dall’altra si mette sempre più in evidenza l’inadeguatezza della famiglia attuale nell’esercitare questa funzione in maniera efficace. Al contempo, la stessa condizione dell'adolescente appare, sempre più, esposta a molteplici criticità: forme di dipendenza tossicologica e tecnologica; depressioni giovanili; disturbi dell'alimentazione; ripiegamento sociale; difficoltà che si legano alla "fatica di essere sé stessi".
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