Docente
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ROMA GIUSEPPE
(programma)
Facoltà di architettura dell’Università Roma 3 Programma per l’anno accademico 2016-2017
CORSO DI GESTIONE URBANA
(Prof. Giuseppe Roma) g.roma@rur.it Obiettivi del Corso Per la completa formazione dell’architetto è essenziale sviluppare una visione dei processi che portano alla concreta realizzazione di un’idea, di un progetto, di un piano urbanistico. La complessità delle strutture territoriali implica una forte integrazione fra conoscenze progettuali e capacità attuative che prevedono una filiera di azioni legate alla regolazione normativa, al finanziamento e ai meccanismi economici, fino agli impatti sociali e sull’opinione pubblica. Inoltre, le trasformazioni della città e un buon livello di qualità della vita dipende dalla gestione continua di sistemi (dalla mobilità all’ambiente), il cui carico di domanda sociale è fortemente variabile nel tempo. Il corso propone di: • di fornire elementi conoscitivi riguardanti i meccanismi di formazione della struttura urbana e gli strumenti per la loro gestione (fattibilità, finanza, marketing e comunicazione) i sistemi per dimensionare e misurare la domanda di complessi architettonici e nuove funzioni urbane; • di preparare gli studenti nel simulare un concreto studio di fattibilità per un progetto urbano già realizzato. I contenuti 1) Crisi globale e città: come si analizzano i sistemi urbani - Caratteri delle big cities italiane, la mappa dei territori d’eccellenza; - Il quadro territoriale europeo e l’inserimento del sistema urbano italiano; - Il divorzio fra luoghi di lavoro e residenza. Il pendolarismo; - Analisi dei dati e delle principali variabili demografiche, economiche, edilizie e sociali; - L’impatto sulla città delle variabili finanziarie: credit crunch, spread, default.
2) Il funzionamento dei sistemi locali - - Occupazione e ricambio generazionale, giovani e lavoro: le differenze Nord-Sud; - Le città slow e i piccoli comuni; - I grandi progetti metropolitani, l’intervento per il paesaggio e la smart rurality . 3) L’immobiliare fra bolla speculativa e sboom - I segmenti del mercato immobiliare: il mercato di consumo diretto (residenziale, turistico); il mercato d’investimento; beni di interesse pubblico; i servizi immobiliari (property management / facility management); - Il finanziamento dei progetti architettonici: la finanza di progetto, i fondi d’investimento immobiliare, il leasing immobiliare; - Come si valutano i fabbisogni residenziali e la domanda sociale.
4) Le reti infrastrutturali - Come funzionano i flussi di merci e di persona. Che cos’è la logistica; - La mobilità urbana e il mobility management; - Le città digitali, la banda larga e internet, media e comunicazione urbana.
5) Il sociale urbano - I parametri sociali della città; - Il fenomeno migratorio nell’impatto territoriale; - Le paure nelle metropoli globali. La gestione della sicurezza.
6) La fattibilità dei progetti urbani - Casi di studio di progetti nazionali e internazionali. La Tesina La prova d’esame consisterà nella realizzazione di un paper (eventualmente anche in powerpoint ) che definisca la fattibilità di un progetto. Il docente Giuseppe Roma (g.roma@censis.it), architetto è senior advisor della Fondazione Censis (www.censis.it) segretario dell’Associazione per le città italiane RUR (www.rur.it). Presidente della delegazione a Roma del Touring Club Italiano. Ha insegnato Urbanistica alla Sapienza e tenuto corsi alla Columbia University e al Politecnico di Delft (Olanda). Insegna da numerosi anni Gestione Urbana.
(testi)
PAESAGGI DA PROGETTARE Auditorium del Maxxi
Riciclare territorio per non soccombere alla crisi ambientale di Giuseppe Roma L’importanza di rigenerare lo spazio urbano. Riciclare è un termine piuttosto recente, introdotto poco più di cinquant’anni fa per indicare il processo produttivo capace di riutilizzare materiali di scarto, poi divenuto sinonimo di recupero, riqualificazione, riutilizzo, rigenerazione. La definizione inglese recyclage è del 1956, in Italia appare nel 1959, il termine francese recycler è introdotto per la prima volta nel 1960. Già negli anni dell’apoteosi delle tecnologie industriali che aprivano la strada al consumismo di massa, si pongono, quindi, le basi per una strategia capace di gestire -in maniera positiva- l’inevitabile dialettica fra innovazione e declino, fra prodotti e residui. Re-cycle per la città e il territorio ha significato, innanzitutto, la rimessa in circolo di complessi edilizi degradati, non utilizzati, abbandonati attraverso progetti di riqualificazione. Il recupero urbano ha preso il posto alla logica della sostituzione, delle demolizioni, degli “sventramenti” per affermare un diverso disegno urbano. Per quanto sia assai diffuso culturalmente (e anche socialmente) il principio di operare sull’esistente, di conservare i valori non solo monumentali, ma anche del tessuto architettonico, in tutta Europa, nei decenni più recenti, la domanda residenziale e di servizi ha trovato prevalente soddisfazione nella dilatazione del costruito sul territorio agricolo. E’ quindi opportuno rimotivare, con ulteriori argomenti, la necessità di ridurre al minimo l’uso di terreno vergine nella crescita degli insediamenti urbani che continuerà a presentarsi anche nei prossimi anni come processo rilevante. Nuove pressioni nella trasformazione del territorio. Si è detto che i movimenti culturali degli ultimi decenni hanno portato a una sensibilità sempre più diffusa verso la riprogettazione del territorio. E’ giusto, ora, interrogarsi non solo sui risultati raggiunti, ma soprattutto di quali saranno le tendenze future. I territori naturali e rurali, ancora quantitativamente prevalenti, persino quando sono colpiti da forme di abbandono e inselvatichimento, risultano meno sgradevoli, di contesti urbanizzati male, frutto della stratificazione di forme, manufatti, interventi spontanei o progettati, inseriti in modo inopportuno nell’ambiente preesistente. E in questa dialettica dobbiamo valutare cosa ci riserva il futuro. Abbiamo perso le certezze della crescita infinita, ma in verità non sembra all’orizzonte neppure la decrescita consapevole. Le città, e quindi i territori costruiti, non tendono ad arretrare, anzi, alla scala planetaria, crescono di un milione di residenti a settimana, alimentati da una forte componente migratoria. La forza magnetica dell’archetipo urbano, attrae fortemente la popolazione mentre le costruzioni invadono l’ambiente naturale e le metropoli tracimano nel rurale. La costruzione del territorio avviene talvolta indipendentemente dal manifestarsi di fenomeni di sviluppo economico e sociale. Da qui l’esplodere delle diseguaglianze nelle città che finiscono per premiare le logiche di segregazione, di speculazione e di degrado. Al confuso affastellarsi di nuovi volumi nelle città può corrispondere l’abbandono della cura tradizionale del paesaggio nelle aree a bassa urbanizzazione. Il futuro ci riserva una forte pressione antropica, con motivazioni, e quindi concreti interessi, non sempre riconducibili a logiche economiche di sviluppo, ma a flussi che rispecchiano comportamenti e motivazioni sociali più complesse. Italia 2020: uno scenario da gestire. Traguardando lo scenario di fine decennio, come definizione di tendenze a medio periodo, abbiamo l’opportunità di riferirci a grandezze demografiche molto attendibili . Nel 2020 l’Italia sarà un Paese di 63 milioni d’abitanti, quasi tre in più degli attuali. Si ridurrà l’incidenza dei giovani, mentre una pronunciata longevità porterà gli ultraottantenni dagli attuali 3,5 milioni a circa 5 milioni. Gli italiani di origine straniera e gli immigrati cresceranno di 2 milioni, superando i 6 milioni in totale. L’ampliamento della popolazione renderà ancora più pressante il problema della crescita, per la quale è difficile pensare a scorciatoie. Gli ingredienti per ampliare la base produttiva e occupazionale restano legati alle tecnologie, all’innovazione, all’intelligenza di rete, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza sociale e a un maggior coinvolgimento lavorativo di giovani e donne. Mentre l’inerzia o la decrescita porterebbe inevitabilmente a contrarre ulteriormente la base occupazionale, ci potrà aiutare un intelligente rinnovamento soprattutto dell’economia terziaria, in gran parte a bassa produttività e poco competitiva a livello internazionale. La domanda abitativa (fra 2010 e 2020) crescerà di circa 2,2 unità alloggiative da reperire soprattutto attraverso il recupero di edifici esistenti o il riciclaggio di aree costruite. Una più ampia azione di ristrutturazione dello stock esistente dovrebbe essere inoltre promossa per ridurre i consumi energetici portando almeno il 50% dello stock abitativo (12 milioni di case rispetto alle poco più di 2 milioni attuali) a uno standard almeno di classe C (consumi tra 51 e 70 kWh/mq/anno). Non bruciare nuovo territorio In controtendenza con il tradizionale vivere nei piccoli centri, gli italiani per i prossimi anni prevedono di ricercare maggiori opportunità nei grandi “contenitori” metropolitani. Pertanto, le megacities del Nord e del Centro Italia cresceranno significativamente per numero di residenti, determinando un’ulteriore espansione territoriale, soprattutto per le realtà più ampie come Milano, la metropoli veneta, Roma. Tali tendenze fanno temere per il prossimo futuro, maggiore congestione e inquinamento, una mobilità sempre più bloccata e un deterioramento dei servizi pubblici locali, dai trasporti ai rifiuti (tab. 1). Ma soprattutto si dovranno mettere in campo politiche e normative stringenti per ridurre il consumo di nuovo territorio libero. Nell’ultimo decennio si è edificato per soli usi residenziali una media di 53,2 ettari al giorno,669 ha al mese,19.418 ha annui. Dal 2001 sono stati bruciati circa 2.000 Kmq. Per farsi un’idea in poco più di 2 mesi è stata costruita una superficie pari all’isola di Lipari, in 5 tanto quanto è grande Pantelleria, in poco più di un anno perdiamo aree libere grandi quanto tutta l’isola d’Elba. Nonostante gli effetti della crisi, l’urbanizzazione residenziale su green field da qui al 2020 è prevedibile continui al ritmo solo di poco ridotto di 45 ha/giorno, se non si prendono provvedimenti. Un obiettivo, urgente e realistico, propone di dimezzare, se pur gradatamente, l’andamento inerziale arrivando al 2020 con un’occupazione di nuovo territorio di 22,5 ha/giorno. Perseguire un tale obiettivo porterebbe a risparmiare 821 kmq. Soprattutto attraverso l’urban recycling (tab. 2). Come si può realizzare un tale obiettivo? Rendendo più conveniente agli sviluppatori la progettazione di interventi che utilizzino aree o complessi dismessi, primi fra tutti quelli pubblici. Per le casse pubbliche, concentrarsi sulla valorizzazione del patrimonio oltre che per reperire risorse, anche per meglio gestire l’offerta edilizia, mostrerebbe una lungimiranza indispensabile a superare l’attuale difficile fase economica, ma anche istituzionale Egualmente possono essere elaborati dissuasori di tipo fiscale alla edificazione speculativa basata sulla valorizzazione fondiaria, che resta il principale meccanismo a base dell’investimento immobiliare. Coinvolgere i cittadini, attivare l’opinione pubblica. Per salvaguardare e valorizzare il territorio non basta operare sulle regole, bisogna,anche, cogliere i movimenti del sociale e persino gli atteggiamenti, le pulsioni e i sentimenti dei singoli individui. Per riprogettare un paesaggio urbano bisogna individuare le strutture invisibili che presiedono alle trasformazioni territoriali di una comunità, e che risultano dal gioco incessante delle forze sociali. Aspetti di riconoscibilità, di coinvolgimento emotivo e di apprezzamento estetico finiscono per aver influenza diretta sul giudizio del cittadino comune, chiamato a riconoscere una storia evidente e una storia latente. Per i paesaggi del futuro si prospetta, come detto in precedenza, una tendenza spontanea dove il confuso affastellarsi di elementi privi di carattere potrà provocare un senso di rigetto per un caos che ci esclude e ci respinge. Tuttavia, l’entropia così tipica di una società del soggettivismo attivo, se non si è in grado di ridurla, va condotta a un equilibrio ordinato. Per contrastare le tendenze al caos, non è tanto la regolarità a produrre una percezione positiva, ma la capacità di reinterpretazione e d’invenzione. Non possiamo correre il rischio, nella difesa del paesaggio, di ricadere soprattutto nella formulazione di nuovi progetti, nell’ambientazione di cornice, nel considerare le architetture contemporanee come risorse ancillari delle presistenze storiche. Non ci serve solo una cultura della tutela di quello che già c’è, dobbiamo rafforzare la sensibilità culturale e gli strumenti tecnici per comporre un quadro nuovo altrettanto piacevole per rispondere alle pressioni che il futuro ci riserva. Quartieri residenziali, centri tecnologici, mercati, insediamenti turistici possono essere immaginati come strutture dove possiamo recuperare emozioni omologhe a quelle provocate dai paesaggi naturali, solo se non li concepiamo come semplici spazi funzionali o macchine per produrre il massimo utile economico, ma come luoghi di un nuovo umanesimo. In definitiva, il paesaggio determina significativamente la qualità della vita dei cittadini, in quanto composto di luoghi riconoscibili per la loro specifica forma, ma che rimandano a una dimensione nascosta rappresentativa del funzionamento della vita sociale, dei valore e delle identità collettive. Tab. 1 – Aree metropolitane italiane: popolazione attuale e previsione al 2020
Aree metropolitane (*) 2010 2020 var. % 2010-2020 Torino 2.297.598 2.390.975 4,1 Milano 3.963.916 4.260.849 7,5 Genova 883.180 866.899 -1,8 Venezia 858.915 880.574 2,5 Verona 914.382 1.018.706 11,4 Bologna 984.342 1.063.831 8,1 Firenze 991.862 1.051.762 6,0 Roma 4.154.684 4.433.432 6,7 Napoli 3.079.685 3.016.578 -2,0 Bari 1.604.093 1.558.614 -2,8 Catania 1.087.682 1.063.583 -2,2 Palermo 1.246.094 1.236.560 -0,8 Totale province 22.066.433 22.842.363 3,5 Italia 60.340.328 62.769.417 4,0
(*) Il dato si riferisce alla provincia
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, 2011
Tab. 2 – Consumo di suolo per attività edilizie, confronto 2010-2020
Consumo di suolo Totale (ha) Media ha/giorno 2001-2010 (stima Censis) 194.151 53,2 2011-2020 Ipotesi Inerziale 164.250 45,0 Ipotesi fiducia nel futuro 82.125 22,5
Fonte: Censis 2011
Tab. 3 - Opinione degli intervistati sulle innovazioni tecnologiche e sociali che daranno maggiore impulso al cambiamento della vita in Italia nel futuro, per età (val. %)
18 - 29 anni 30 - 44 anni 45 - 64 anni 65 e oltre Totale Nuove cure mediche e nuovi farmaci 48,6 50,3 55,5 60,4 54,3 Energie rinnovabili 58,9 59,1 55,5 43,6 54,0 Riciclaggio rifiuti 52,0 43,9 50,3 53,1 49,4 Auto elettrica, e altri mezzi di trasporto ecologici 30,9 32,7 28,7 33,0 31,3 Nuovi modelli di welfare, e tutela sociale (per i precari, per i non autosufficienti ecc.) 24,6 26,3 27,9 24,1 26,0 Banda larga 14,3 12,3 7,4 7,3 9,8 Nuovi strumenti di tipo wireless e mobile (oltre l’Ipad) 20,0 12,3 5,8 3,6 9,2
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 2011
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